Attivare il margine di energia

Di Donatella Turri* 

Ripensare il ruolo della Fondazione per la Coesione Sociale nella programmazione del prossimo triennio. Il contributo della direttrice della Fondazione Donatella Turri pubblicato sul numero 2/2022 della rivista FCRL Magazine.La bussola della coesione

La Fondazione per la Coesione Sociale, fondata nel 2015 quale ente di scopo dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Lucca per le tematiche connesse a marginalità e disabilità, porta nel suo stesso nome il vasto orizzonte della comunità e delle relazioni.

La coesione sociale è infatti stata un faro di orientamento per tutta l’analisi sociologica del Novecento, a partire da Durkheim, che la definiva come quell’insieme di fiducia, cultura e ricchezza economica e sociale che caratterizza una comunità.

Il termine coesione è poi connaturato al farsi stesso dell’Unione Europea, già dalla definizione del Comitato Europeo per la Coesione Sociale istituito nel 1998 dal Consiglio Europeo. Nella visione europea, la coesione sociale è richiamata come “la capacità di una società di assicurare il benessere [welfare] di tutti i suoi membri, riducendo le differenze ed evitando le polarizzazioni. Una società coesa è una comunità di sostegno reciproco di individui liberi che perseguono obiettivi comuni con mezzi democratici” (CDCS 2004). Con la Strategia di Lisbona (2000), la coesione sociale è infatti stata identificata come uno degli obiettivi fondamentali dell’Unione Europea e come uno dei pilastri su cui fondarla.

A partire da questo sfondo semantico, la sfida proposta alla Fondazione per la Coesione Sociale appare in tutta la sua pregnanza e il suo fascino: non si tratta solo di sostenere progetti di assistenza o servizi per soggetti vulnerabili o in situazioni di disagio.

Si tratta piuttosto di ripensare la città, la comunità che la abita prendendo come pietre angolari proprio quelle cittadinanze che rischiano di essere “diminuite, difettive”, come le definiva Michelucci: “Non saprei vedere altra strada se non quella di indicare in coloro che sono considerati gli esclusi della città presente i protagonisti del suo rinnovamento”.[1]

A partire da questa prospettiva, il principio della “coesione sociale” diventa una bussola utile a orientare la propria azione per supportare lo sviluppo di uno welfare di comunità, collaborativo, capace di generare valore aggiunto in termini di qualità e di pregnanza dei processi attivati e utile per ricreare legame sociale sui nostri territori.


Ripensare la contemporaneità

Questa prospettiva appare ancor più preziosa dopo la cesura epocale, la “catastrofe vitale”[2] rappresentata dalla pandemia di Covid 19 e le conseguenze in termini di disuguaglianza e frammentazione che essa ha portato.

Lo scenario sociale nel nostro Paese è allarmante, con oltre 5 milioni di persone in povertà assoluta, di cui 1,4 milioni bambini: i dati peggiori da quando si è cominciato a misurare la povertà e che faticano a trovare un contenimento nell’attuale scenario di perdurante gestione della pandemia e di contrazione economica dovuta al drammatico conflitto ucraino all porte e alla crisi energetica in corso.

Nel contesto delle fragilità, poi, le persone con disabilità hanno spesso subito in misura maggiore gli effetti sia della pandemia (in termini di contagi e mortalità) che delle misure di distanziamento sociali adottate per il suo contenimento: si pensi, ad esempio, all’impatto prodotto sulle persone con disabilità e sui loro caregivers dalle iniziali chiusure dei centri diurni e alla sospensione quasi totale di servizi essenziali rivolti all’inclusione (ad esempio l’educativa scolastica) senza aver provveduto al necessario e tempestivo accompagnamento alle famiglie e alla riorganizzazione dei servizi, ove possibile, su base domiciliare.

Il capitale di fiducia e di relazione tra cittadini ed istituzioni si è a poco a poco eroso e si fa fatica oggi a ricostruirlo, benché tale fatica possa essere letta anche come un’opportunità:.

“la ripartenza, il riavviarsi del sistema che si è fermato, non è sufficiente, e non è nemmeno possibile. Né auspicabile. Il mondo sociale non è una macchina. Nella macchina il funzionamento non altera la configurazione di partenza.. Nella vita sociale, invece, non ci si limita a riprodurre il già dato. Ci sono scarti, gesti inediti che danno avvio a cambiamenti. Quella della ‘macchina che deve ripartire’ è una cattiva narrazione, che occulta le possibilità, inerente a ogni crisi, di un cambiamento “trasduttivo”, di una riformulazione vitale degli elementi di criticità.

La crisi ha radicalizzato ciò che già non funzionava, e spazzando via inerzie che pensavamo inamovibili ci apre uno spazio di libertà: far esistere, a partire da ciò che siamo, che abbiamo imparato, che già esisteva come potenzialità, qualcosa che ancora non c’è.”.[3]

 Alla luce di questa consapevolezza e della irrinunciabile necessità di rivedere la propria missione misurandosi sullo scenario attuale, la Fondazione per la Coesione Sociale ha impostato la propria programmazione per il prossimo triennio, provando ad interrogarsi radicalmente su che cosa possa significare oggi, in questo contesto di pesanti difficoltà ed insieme di grandi sfide per il nostro sistema sociale, essere “un soggetto di scopo” di una Fondazione bancaria che “persegue esclusivamente scopi di utilità sociale e di promozione dello sviluppo economico del territorio di propria competenza”[4] e come poter mettere a terra le idealità che ne guidano le azioni, non insistendo solo sulla funzione erogativa.

Nel “qui” e nell’”ora” del nostro territorio, misurati dalla prospettiva della costruzione nuova di una comunità solidale e resiliente dopo il trauma pandemico, come immaginare la propria azione? Come possiamo ambire ad essere “contemporanei”, al modo in cui Nietzsche definiva la contemporaneità: “appartiene veramente al suo tempo, è veramente contemporaneo colui che non coincide perfettamente con esso né si adegua alle sue pretese ed è perciò, in questo senso, inattuale; ma, proprio per questo, proprio attraverso 

questo scarto e questo anacronismo, egli è capace più degli altri di percepire e afferrare il suo tempo”[5]?

Attivatori di comunità

Nella riflessione che in questi mesi ci ha impegnato, una soluzione possibile ci è parsa quella di definirci e operare sempre di più come possibili “attivatori di comunità.”

La metafora dell’attivatore in chimica ci risulta particolarmente utile per spiegare il percorso che stiamo intraprendendo. Nel linguaggio tecnico scientifico, l’attivatore è infatti la sostanza in grado di innescare una reazione oppure di rendere più attivo o rigenerare il catalizzatore di una reazione.

La visione che orienta l’azione di Fondazione per la Coesione Sociale – e che sta nel suo stesso nome – è quella di una comunità coesa e solidale, dove la fragilità diventa una chiave di sviluppo e una strategia per guardare al benessere di tutti e di ciascuno.

Anche in un contesto ricco di solidarietà e di passione civile come quello della provincia lucchese è sempre più necessario promuovere azioni di rete, che creino alleanze forti sul territorio, facilitino lo scambio delle esperienze, la messa in comune delle risorse e la condivisione degli obiettivi.

L’ampiezza delle sfide e la profondità dei problemi da un lato e il rinnovato panorama regolatorio e l’inedita disponibilità di risorse pubbliche per la strutturazione dei servizi e l’innovazione del sistema di welfare rese disponibili dal PNRR e dalle altre misure europee ed anticrisi, dall’altro,  richiede al territorio una supplementare capacità di organizzazione e di lavoro di squadra.

In questo senso, la Fondazione per la Coesione Sociale, nel continuo dialogo con la Fondazione Cassa di Risparmio di Lucca e proprio in ragione del suo status di soggetto strumentale rispetto agli indirizzi e agli obiettivi di quest’ultima, può giocare un ruolo sussidiario all’impegno delle molte realtà di terzo settore e alle istituzioni locali, in una visione di crescita di reti, sviluppo di comunità e innovazione sociale, a partire dalla traduzione di alcuni principi fondamentali:

  • la coesione sociale quale chiave per superare disuguaglianze ed esclusione;
  • il diritto all’autodeterminazione di ciascuno, a partire dai più fragili come finalità ultima del lavoro sociale;
  • la comunità nella sua eterogeneità e con tutte le sue componenti (istituzioni, enti terzo settore, civismo, soggetti produttivi) quale player irrinunciabile del lavoro sociale;
  • il lavoro di rete quale cifra costante di impegno;
  • la co-progettazione quale strumento principe dell’organizzazione delle politiche sociali sul territorio;
  • la partecipazione e la piena cittadinanza di tutte le persone alla vita della comunità, attraverso la garanzia delle pari opportunità di accesso.

Il 2023 sarà dunque per la Fondazione per la Coesione Sociale un “anno ponte”, utile a completare alcuni percorsi, sperimentare nuove risposte e consolidare la propria organizzazione per meglio tradurre in prassi i propri obiettivi, investendo sulla ricerca e la lettura del territorio, grazie al Centro di Ricerca Maria Eletta Martini, supportando azioni di capacity building e investendo su percorsi volti all’abitare sociale, l’inclusione e l’occupabilità, il welfare culturale e la socialità, la cura di chi si prende cura.

Attitudini da allenare: tessere cura, allenare lo sguardo, osare il nuovo

L’estate del 2022, è diventata dunque un’ottima occasione per supportare piccole azioni che costituissero anche per noi un laboratorio di pratiche, micro-sperimentazioni per capire come agire e quanto potesse essere efficace la nostra ipotesi di lavoro. Raccontiamo di seguito brevemente 3 percorsi scaturiti da bisogni e assunti diversi, che possono costituire un’utile rassegna di altrettante possibili modalità di impegno per il futuro e che possiamo rappresentare con tre diverse attitudine: l’attitudine del tessere, quella del guardare e quella dell’immaginare.

  • Tessere cura

Nella Valle del Serchio, è stato sostenuto l’ampliamento di laboratori artigianali di ceramica a cura dell’associazione Filo di Arianna rivolti a giovani adulti con autismo.

L’impegno della Fondazione per la Coesione Sociale ha allargato l’offerta di attività garantita tramite convenzione dall’azienda Usl Toscana Nord Ovest Zona Distretto Valle del Serchio, recependo i bisogni emersi dall’analisi del territorio: maggior necessità di accompagnamento da parte delle persone

che usufruiscono dei laboratori, mutate modalità organizzative in seguito al Covid con riduzione del numero di ragazzi che è possibile far lavorare contemporaneamente, aumento dei costi energetici.

In questo caso, la pronta risposta ha garantito la continuità dell’esperienza e ha provveduto ad assicurare l’“efficacia del dettaglio”, la cura delle piccole cose, dei minimi dispositivi progettuali, all’apparenza trascurabili, ma indispensabili per assicurare il buon esito dell’intero impianto operativo. E’ apparso evidente come un piccolo “di più” di attenzione da parte delle Fondazione, nell’ambito di una cornice di lavoro estremamente solida, avrebbe tessuto piccole reti di protezione, sortendo effetti ben più grandi dell’impegno iniziale in termini di efficacia e di ricaduta sul territorio.

  • Allenare lo sguardo

Nella Piana di Lucca, si è partecipato al tavolo di  co-progettazione per il progetto So.L.E – Sosteniamo L’Estate, riferito alla gestione di attività estive per il 2022 rivolte a studenti in situazione di grave disabilità (tra i 3 e i 23 anni) residenti nell’Ambito territoriale della Piana di Lucca, costituendo una rete di risposte e/o offerte per giovani in situazione di disabilità certificata.

Il progetto SOLE è il frutto di una co-progettazione che ha visto impegnati attorno al tema del tempo estivo per i soggetti con disabilità grave 22 soggetti: 7 Comuni, 5 associazioni sportive: 3 Associazioni di Promozione Sociale, 3 Società Cooperative Sociali, 2 associazioni di volontariato, 2 Fondazioni onlus.

Le attività proposte sono state distinte in 3 macro-categorie: attività ludico ricreative e riabilitative, interventi individualizzati e domiciliari, partecipazione in gruppo ad uscite sul catamarano Elianto.

Un’ulteriore possibilità per le famiglie che non ritenessero la proposta del progetto So.L.E idonea alle proprie esigenze si è concretizzata tramite l’erogazione di un voucher per l’assistenza.

Hanno partecipato al progetto So.L.E 156 ragazzi e sono

stati erogati 70 voucher.

La Fondazione per la Coesione Sociale ha curato, tramite il Centro Maria Eletta Martini una ricerca volta alla lettura partecipata dell’esperienza, con l’intento di descrivere e monitorare l’esperienza, indagando il punto di vista sia delle persone e delle famiglie destinatarie dell’iniziativa sia degli enti promotori del progetto, valutare l’impatto del progetto sui diversi contesti familiare e territoriale, raccogliere indicazioni su punti di forza e criticità del Progetto da molteplici prospettive, in un’ottica di efficientamento di risorse e proposte di azione, rispetto ad una eventuale nuova co-progettazione futura nel medesimo ambito.

In questo caso, il focus dell’azione è stato il tema della lettura e della possibile valutazione degli interventi proposti, per comprenderne meglio la portata e supportare un processo efficace di programmazione territoriale.

Si è trattato di sperimentare la ricchezza di offrire uno sguardo terzo sul complesso meccanismo della co-progettazione, per aumentare le consapevolezze degli attori, individuare le fragilità e i limiti delle ipotesi di azione e dissodare così il terreno per una corroborazione dell’esperienza nel prossimo futuro.

  • Osare il nuovo

In Versilia, si è sostenuta l’attività della Fondazione Mare Oltre tramite il catamarano accessibile Elianto. L’imbarcazione, progettata per accogliere persone con diverse disabilità grazie all’importante contributo di Fondazione Cassa di Risparmio di lucca, offre uscite in mare aperto, l’osservazione del tratto di costa di fronte alla Versilia e del branco di delfini e cetacei che lo abitano e la possibilità di immergersi nel mare.

Il contributo della Fondazione per la Coesione Sociale ha consentito a circa 200 persone con disabilità di fare esperienza della bellezza, immersi nella natura in massima sicurezza.

ll supporto che il progetto Elianto ha da subito trovato nella Fondazione dice di una terza attitudine da sviluppare per interpretare la contemporaneità: saper immaginare il nuovo, credere alle possibilità, appassionarsi ai tentativi di bello.

Anche questa terza “postura” ci appare oggi preziosissima, in un tempo in cui sempre più spesso sembra mancare l’immaginazione del futuro e lo slancio dell’innovazione sembra un lusso che non possiamo più permetterci.

Proprio nella creatività dell’affrontare un inedito, invece, pensiamo che si possa ripartire per tracciare quella strada che oggi non c’è, ma che “porta con sé impeccabili, innumerevoli domani”[6].

Ridefinire ruoli, immaginare comunità

La ridefinizione del proprio ruolo che la Fondazione per la Coesione Sociale in continuo dialogo con la Fondazione Cassa di Risparmio di Lucca sta affrontando si colloca nell’orizzonte nazionale di riflessione circa il ruolo delle Fondazioni all’interno dei territori per la costruzione del nuovo welfare di comunità, oltre quello tradizionale, che guarda alla pluralità degli attori in gioco, alla sostenibilità, l’equità, l’accessibilità e la promozione di comportamenti responsabili e di cittadinanza attiva.[7] 

Attivare nuove modalità di lavoro guarda all’obiettivo complessivo di contribuire a costruire nuove modalità di “tradurre” l’idea di comunità, di concretizzarla in alternative nuove di solidarietà diffusa e di risposta sociale. Un modo di prendersi cura, di esercitare reciprocità che guarda allo sviluppo del territorio, crede all’inclusione come chiave di espressione dei talenti delle città e organizza processi fidandosi del potenziale dei territori.

Si tratta, in ultima analisi, di fidarsi fattivamente e di affidarsi senza retorica alla capacità di resistenza che le città esprimono e di contribuire ad organizzarla, svelare il “margine di energia” che percorre le nostre strade e le nostre piazze, che fonda le comunità, come ricordava l’urbanista Giancarlo Paba: “Credo nella capacità di trasformazione del territorio e della società locale, ho fiducia nel ‘margine di energia’ della comunità, come lo definiva Mumford, nel ruolo non adattivo, ma “insurgent” delle pratiche di vita”.

 * Direttrice della Fondazione per la Coesione Sociale. Articolo scritto per la Rivista “FCRL Magazine” numero 2/2022

[1] G. Michelucci , Michelucci per la città, Firenze, Artificio, 1991.
[2] E. De Martino, La fine del mondo. Contributo alle analisi delle apocalissi culturali, Torino, Einaudi, 2019
[3] C.Giaccardi, M.Magatti, Nella fine è l’inizio. In che mondo vivremo, Bologna, Il Mulino, 2020.
[4] dall’art.3 dello Statuto della Fondazione Cassa di Risparmio di Lucca.
[5] G. Agamben, Che cos’è il contemporaneo?, Roma, Nottetempo, 2008.
[6] Scrive il poeta sud coreano Ko Un nella poesia “la strada” tradotta per Crocetti editore, Poesia n. 209, Ottobre 2006 “Ko Un – Poeta per destino”, a cura di Vincenza D’Urso: “La strada non c’è/Perciò/La costruisco mentre procedo/Ecco la strada/Ecco la strada, e porta con sé, impeccabili/ Innumerevoli domani.”
[7] S. Rago e P. Venturi, Imprese sociali e welfare di comunità, 2016, AICCON Short Paper Series, 10